Oggi è Venerdì, 09 Maggio 2025 Pagina iniziale Eravamo in due e siamo diventati in tre ( o anche di di più....) ed ora che succede?

Eravamo in due e siamo diventati in tre ( o anche di più....) ed ora che succede?






La nascita e l’intimità della coppia


Nella sequenza del ciclo vitale della famiglia, uno dei momenti più delicati e complessi è quello della nascita di un figlio, evento che sancisce il passaggio da una dimensione di coppia ad una dimensione che include anche la genitorialità e quindi, conseguentemente, apre alla costruzione del nuovo sistema familiare. Uno degli aspetti che, secondo me, sono essenziali in questa transizione è costituito dal fatto che la coppia, prima di affrontare l’avventura della genitorialità, si sia consolidata, appunto, come coppia, ovvero abbia raggiunto una maturità che comprende anche la sua autonomia, la sua emancipazione, lo svincolo dalle rispettive famiglie d’origine. Insomma il sistema coppia dovrebbe essere sufficientemente maturo da poter includere la presenza di un altro essere umano, del quale entrambi saranno responsabili per sempre, a prescindere Insomma dall’evoluzione della loro relazione sentimentale.
La nascita del bambino (userò questo termine per praticità in tutto l’articolo) modifica innanzi tutto l’aspetto relazionale tra i due partner, in quanto da compagni diventano anche genitori. Questo doppio ruolo può non essere sempre facile da gestire, soprattutto nella prima fase e questa difficoltà può manifestarsi sia per quanto riguarda l’ intimità della coppia, sia per quanto riguarda gli aspetti pratici ed organizzativi, oltre a quelli relazionali con altre figure coinvolte nella nascita.

Relativamente alla sfera intima della coppia, possono verificarsi alcune circostanze che, potenzialmente, possono creare una destabilizzazione negli equilibri preesistenti.
Infatti, subito dopo la nascita si sviluppa un legame di profonda intimità tra la madre ed il bambino, che comprende la permanenza di una vicinanza fisica, spesso rafforzata dall’esperienza dell’allattamento. D'altronde il parto rappresenta, per la madre, una scissione, una perdita, dopo nove mesi di condivisione simbiotica ed è quindi naturale che lei voglia protrarre questa condizione il più possibile, anche se, progressivamente, mamma e bambino si dovranno orientare verso una relazione meno esclusiva. Tuttavia, specie nel primo periodo, può esserci una tendenza, da parte della madre, a non includere il padre nella relazione di accudimento del bambino, creando così in lui la percezione di essere una sorta di intruso, quasi un elemento di disturbo nelle diade madre figlio. Ciò può portare la coppia ad un allontanamento, specie se questo disagio non viene verbalizzato e condiviso insieme. Può esserci inoltre la difficoltà a ricostruire un’identità di coppia, anche a livello sessuale. La donna che ha appena partorito può, infatti, avere problemi a riconoscere la propria identità fisica, dati i cambiamenti che sono repentinamente avvenuti e ciò può anche accadere al suo partner che potrebbe vederla più come madre che come compagna. Relativamente a questa percezione è importante anche come la coppia abbia vissuto il percorso della gravidanza, ovvero se è stato mantenuto un equilibrio tra la dimensione coppia ( che include anche il desiderio e l’intimità sessuale) e la dimensione genitoriale, in modo tale che questi ruoli ((compagni/amanti e genitori) non si siano autoesclusi l’uno con l’altro, ma abbiano mantenuto una complementarietà. Comunque, nel periodo che segue la nascita di un figlio, la coppia può trovarsi a vivere una sfasatura nei reciproci tempi e bisogni, anche perché, dopo il parto, vi può essere, nella donna, uno scompenso ormonale che può provocare un calo del desiderio. Inoltre i bisogni dei due partner possono essere diversi, anche perché, se la donna allatta, è spesso concentrata fortemente su questa esperienza, ricavandone potenti sensazioni emotive che, magari, possono appagarla in maniera tale, da non avvertire altri bisogni di intimità.. Un altro aspetto che riguarda la donna, subito dopo il parto, è la sensazione di tristezza che può verificarsi, detta anche baby blues, e che dipende da tanti fattori, quali l’improvviso calo ormonale, il senso di vuoto e di perdita che segue il distacco tra madre e bambino, fino ad ora collocati in una dimensione simbiotica, le nuove responsabilità genitoriali ecc. Generalmente questa situazione tende a scomparire spontaneamente dopo alcuni giorni o, al massimo, dopo due settimane. Diversa è invece la depressione post partum, che assume le caratteristiche di una vera e propria patologia e per la quale occorre intervenire in tempi rapidi.
In ogni caso è opportuno concentrarsi sulle risorse che possono essere messe a disposizione, prima di tutto la figura del padre che può essere coinvolta sia sul piano pratico ( cambio pannolini, bagnetto, fare in modo che le mamma possa riposare ecc.), sia sul piano emotivo con l’offerta di supporto e sostegno. Quando è possibile è importante l’attivazione di una rete parentale ( o anche amicale), che possa contribuire ad un supporto pratico, ma anche a far sentire la mamma meno sola e spaventata dal nuovo compito che l’aspetta. In maniera diversa, ma comunque non meno importante, anche il padre può trarre benefici da questa rete di sostegno, essendo anche lui coinvolto, emotivamente e sostanzialmente, in questa nuova esperienza genitoriale. Entrambi i genitori ,inoltre, potrebbero avere bisogno di figure professionali di accompagnamento, prima e dopo il parto, come l’ostetrica o la consulente perinatale, professione affermatasi di recente, che offre sostegno e aiuto a mamme e genitori, preparando e sostenendo la coppia dall’inizio della gravidanza fino a dopo la nascita del bambino e le tappe successive del suo sviluppo. La presenza di un aiuto professionale può essere utile anche per individuare precocemente i sintomi di una eventuale depressione post partum, attivando così in tempi rapidi una rete di sostegno e di cura.

I cambiamenti strutturali e relazionali


Uno degli aspetti che maggiormente incidono in questo periodo è la ridefinizione dello spazio e del tempo. Già durante la gravidanza la coppia aveva probabilmente predisposto, all’interno della casa, un ambiente appositamente finalizzato ad accogliere il nuovo arrivato e, quindi, era già presente una certa consapevolezza di dover riorganizzare lo spazio, fino ad ora condiviso da due persone, in modo tale da includere una nuova presenza. Tuttavia, all’atto pratico, la cameretta, preparata con tanto impegno e cura, sembra non bastare più. E’ incredibile come un esserino di pochi chili possa rivelarsi così invasivo: carrozzine, giochi, biberon, tettarelle, tutine sembrano spargersi in tutta la casa, appropriandosi di ogni stanza e demolendo tutti i confini. Questo può essere, per i genitori, destabilizzante, perché viene a ridursi lo spazio personale e comporta l’accettazione che la propria casa non è più quella di prima, ma deve essere riadattata e riorganizzata a misura dei bisogni del bambino, rimodulando propri. Anche la dimensione temporale viene a cambiare drasticamente, soprattutto nei primi tempi. Oltre alle notti, speso insonni o, comunque, con una alterazione dei ritmi di riposo, i genitori dovranno, specie all’inizio, rivedere le loro abitudini, come per esempio le uscite serali o altre esigenze ricreative e questo, spesso, a discapito della loro vita sociale. Inoltre se i tempi dei due genitori vengono agiti in maniera diversa ( per esempio il padre lavora mentre la madre rimane a casa per il congedo d maternità), c’è il rischio di una divergenza nella gestione domestica. La madre, infatti, dopo una lunga giornata passata con il figlio, può sentire il bisogno, al rientro del compagno, di essere sollevata per un po’ da questa mansione e si aspetterà da lui una sostituzione nel suo ruolo, cosa che non sempre avverrà per la stanchezza lavorativa di lui. Entrambi penseranno che il compito dell’altro/a sia stato meno impegnativo del proprio e ciò potrà portare a discussioni che, se reiterate, possono essere il primo sintomo di una crisi. In questo caso occorre che i genitori riescano a recuperare un minimo di tempo tutto per loro, in cui poter affrontare la situazione di difficoltà, tramite il confronto e la condivisione dei reciproci stati d’animo. Occorrerà trovare un equilibrio che coniughi le esigenze del bambino con quelle dei genitori, che devono continuare a percepirsi anche come coppia, nonostante l nuovo ruolo genitoriale.
Un altro aspetto che i genitori si troveranno a dover gestire è il rapporto con le rispettive famiglie d’origine e, in particolare, con i nonni. Specialmente nel caso del primo nipote i nonni vorranno essere partecipi e presenti, a volte sconfinando nell’interferenza, che può essere sia a livello di tempo e spazio (per esempio una presenza eccessiva senza regolamentazione), sia a livello di aiuto, magari sotto forma di consigli non richiesti. Occorrerà mettere subito in chiaro che aiuto non significa ingerenza e che la presenza dei nonni è gradita, ma va concordata con i genitori, in base alle loro esigenze e a quelle del bambino. Potrebbero verificarsi anche rivalità e competizione tra gli stessi nonni, dovute a fattori di varia natura ( per esempio se due nonni abitano ad una maggiore distanza potranno sentirsi defraudati, oppure la nonna paterna potrà sentirsi meno considerata perché la nuora le preferisce la madre e via di seguito) e questo potrebbe portare a tensioni che, in questo momento di adattamento da parte dei neogenitori, potrebbero ulteriormente destabilizzare. E’ in situazioni come queste che si misura ( come scritto all’inizio) la solidità della coppia, la sua emancipazione, il suo svincolo dalla famiglia d’origine.
Perché se ci sono queste premesse sarà molto più semplice contenere “ l’esuberanza” dei nonni e riuscire a viverli come la preziosa risorsa che sono, anche per l’attivazione di quella rete di sostegno e supporto evidenziata prima.

Arrivano fratellini o sorelline….


Ovviamente la nascita del primo figlio è quella che porta il cambiamento più grande nel sistema coppia, in quanto, come evidenziato, sancisce il passaggio, da coppia affettiva a coppia anche genitoriale e pone quindi le basi per la costruzione di un nuovo sistema familiare.
Tuttavia anche la nascita di un secondo figlio ( o anche un terzo…) comporta sconvolgimenti negli equilibri relazionali e pratici della famiglia. In questa sede l’attenzione viene posta soprattutto a quelle che possono essere le reazioni del primogenito a questa nuova presenza e su come i genitori possano affrontare questa nuova sfida. Innanzi tutto, anche in questo caso, dovranno essere ridefiniti spazi e tempi. Per quanto riguarda lo spazio verranno effettuate scelte che potranno comportare cambiamenti di vario genere, ad esempio decidere se il nuovo arrivato dormirà, in un primo tempo, con i genitori o se i due bambini divideranno la stessa stanza o, magari, se avranno spazi diversi e separati. Ovviamente ci sarà da conciliare le nuova “’invasione” dell’ambiente domestico, con gli spazi già conquistati dal primogenito e, in ogni caso, verranno ridefiniti equilibri e confini nuovi. Lo stesso vale per il tempo, nuovamente da rimodulare e, questa volta, non soltanto in virtù di una nuova presenza nella vita della coppia, ma anche tenendo conto delle ulteriori necessità sia del nuovo arrivato, sia del figlio primogenito. La coppia avrà molto da lavorare per mantenere un equilibrio relazionale che includa tutti, compresa la coppia stessa. L’arrivo di un fratellino o di una sorellina comporta, per il primo figlio, un grande cambiamento. Dovrà infatti imparare a condividere l’amore e l’attenzione dei genitori, modificando il suo ruolo all’interno della famiglia, passando da figlio unico a fratello maggiore. I genitori, invece, oltre alle difficoltà strutturali sopradescritte, dovranno imparare a ridistribuire attenzioni (ma anche energie!) in modo da garantire il nuovo equilibrio familiare.
Ci sono, comunque, diverse variabili da considerare. Innanzi tutto la differenza di età tra i due fratelli. Se questa differenza è minima ( un anno, due) ciò può essere positivo perché riduce la percezione del primo figlio di una nuova presenza che possa togliergli qualcosa, anche se, in questo caso, la coppia si trova a dover affrontare uno sforzo considerevole a livello di impegno pratico e di consumo delle proprie energie, situazione che potrebbe essere potenzialmente destabilizzante. Se la differenza di età aumenta il primo figlio avrà una maggiore consapevolezza delle particolari cure ricevute dal nuovo arrivato e, probabilmente, avrà una reazione che lo porterà a voler attirare l’attenzione dei genitori , specialmente della mamma, richiesta che verrà però manifestata, probabilmente, con capricci, dispetti, piccole “aggressioni” nei confronti del fratello più piccolo ed anche possibili comportamenti regressivi.  Inoltre, se il primo figlio frequenta la scuola dell’infanzia, la separazione del bambino dalla mamma, che peraltro rimane a casa con “ l’intruso”, potrà essere percepita come un abbandono. Il passaggio alla scuola primaria e, conseguentemente, lo sviluppo di una rete amicale del bambino potrebbe essere una risorsa, in quanto lo porta a rivolgere la sua attenzione verso l’ esterno e, se abilmente stimolato dai genitori, a considerare i vantaggi del suo essere più grande. Se poi la differenza di età tra fratelli è piuttosto ampia (più o meno tra o gli otto/nove anni in poi) l’accettazione del fratellino dovrebbe essere più semplice, data la disparità di interessi ed il minore bisogno di fisicità nel rapporto con i genitori. Tuttavia, proprio in questi casi, potrebbe esserci una reazione di “rifiuto” nei confronti del fratello minore, che viene a sottrarre al primogenito il ruolo di figlio unico che ha esercitato da sempre. Anche in questo caso occorre un riassetto relazionale tra i genitori ed il figlio al quale, data l’età, è possibile verbalizzare cosa accade con la nuova situazione e portarlo a comprendere che la sua non una perdita ma un passaggio da un ruolo ad un altro, magari sottolineando l’importanza del ruolo del fratello maggiore.
Un aspetto da tenere in considerazione, a mio parere, è quello di evitare la rigidità dei ruoli genitoriali, soprattutto per quanto riguarda la figura paterna. Infatti può speso capitare che il padre si occupi del “grande” e la madre del piccolo. Questo, ovviamente, non favorisce né la nascente relazione tra i fratelli né contribuisce a rinsaldare quello tra la madre ed il primogenito che, anzi, può vivere questa spartizione come un’esperienza abbandonica da parte della madre.
La flessibilità nell’agire i ruoli genitoriali diventa, in questo caso, uno strumento da cui non si può prescindere.

Concludendo, in questa particolare fase della vita familiare, sarebbe opportuno, da parte dei genitori, adottare comportamenti che prevedano:
  • Pazienza
  • Accoglienza
  • Accompagnamento
  • Valorizzazione dei ruoli reciproci
  • Aiutare i propri figli a creare una relazione tra di loro
  • Far comprendere al primogenito che avere un fratellino o una sorellina è insieme una perdita ed una conquista, perché si perde l’unicità dell’attenzione genitoriale, ma si acquista una figura che, all’interno della famiglia, sarà per lui sempre un punto di riferimento e complicità

Ed infine, in tutto questo tsunami emotivo, sarebbe utile che i genitori non perdessero di vista la loro dimensione di coppia, che dovrebbe rimanere intatta nella sua unicità, anche se vi è stato il passaggio al ruolo di genitori e il consolidamento del loro sistema familiare.

Dott.ssa Evita Raffaelli

Mail evita.rr@virgilio.it
tel. 3493638465

Commenti

  • Elettra (1 mese fa) scrive:

    Tutto molto vero

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