Eravamo in due e siamo diventati in tre ( o anche di più....) ed ora che succede?

La nascita e l’intimità della coppia
Nella sequenza del
ciclo vitale della famiglia, uno dei momenti più delicati e complessi è quello
della nascita di un figlio, evento che sancisce il passaggio da una dimensione
di coppia ad una dimensione che include anche la genitorialità e quindi, conseguentemente, apre alla
costruzione del nuovo sistema familiare. Uno degli aspetti che, secondo me,
sono essenziali in questa transizione è costituito dal fatto che la coppia,
prima di affrontare l’avventura della genitorialità, si sia consolidata,
appunto, come coppia, ovvero abbia raggiunto una maturità che comprende anche
la sua autonomia, la sua emancipazione, lo svincolo dalle rispettive famiglie d’origine.
Insomma il sistema coppia dovrebbe
essere sufficientemente maturo da poter includere la presenza di un altro
essere umano, del quale entrambi saranno responsabili per sempre, a prescindere
Insomma dall’evoluzione della loro
relazione sentimentale.
La nascita del
bambino (userò questo termine per praticità in tutto l’articolo) modifica
innanzi tutto l’aspetto relazionale tra i due partner, in quanto da compagni
diventano anche genitori. Questo doppio ruolo può non essere sempre facile da
gestire, soprattutto nella prima fase e questa difficoltà può manifestarsi sia
per quanto riguarda l’
intimità della
coppia, sia per quanto riguarda gli
aspetti
pratici ed organizzativi, oltre a quelli
relazionali con altre figure
coinvolte nella nascita.
Relativamente alla sfera intima della coppia, possono verificarsi
alcune circostanze che, potenzialmente, possono creare una destabilizzazione
negli equilibri preesistenti.
Infatti, subito dopo
la nascita si sviluppa un
legame di
profonda intimità tra la madre ed il bambino, che comprende la permanenza
di una vicinanza fisica, spesso rafforzata dall’esperienza dell’allattamento.
D'altronde il parto rappresenta, per la madre, una scissione, una perdita, dopo
nove mesi di condivisione simbiotica ed è quindi naturale che lei voglia
protrarre questa condizione il più possibile, anche se, progressivamente, mamma
e bambino si dovranno orientare verso
una relazione meno esclusiva. Tuttavia, specie nel primo periodo, può esserci
una tendenza, da parte della madre, a non includere il padre nella relazione di accudimento del bambino, creando
così in lui la percezione di essere una
sorta di intruso, quasi un elemento di disturbo nelle diade madre figlio. Ciò può
portare la coppia ad un allontanamento, specie se questo disagio non viene verbalizzato e condiviso insieme.
Può esserci inoltre la difficoltà a ricostruire un’identità di coppia, anche a
livello sessuale. La donna che ha
appena partorito può, infatti, avere problemi a riconoscere la propria identità
fisica, dati i cambiamenti che sono repentinamente avvenuti e ciò può anche
accadere al suo partner che potrebbe vederla più come madre che come compagna.
Relativamente a questa percezione è
importante anche come la coppia abbia vissuto il percorso della gravidanza, ovvero
se è stato mantenuto un equilibrio tra la dimensione coppia ( che include
anche il desiderio e l’intimità
sessuale) e la dimensione genitoriale, in modo tale che questi ruoli ((compagni/amanti
e genitori) non si siano autoesclusi l’uno con l’altro, ma abbiano mantenuto
una complementarietà. Comunque, nel periodo che segue la nascita di un figlio,
la coppia può trovarsi a vivere una sfasatura nei reciproci tempi e bisogni,
anche perché, dopo il parto, vi può essere, nella donna, uno
scompenso ormonale che può provocare un
calo del desiderio. Inoltre i bisogni dei due partner possono essere diversi,
anche perché, se la donna allatta, è spesso concentrata fortemente su questa
esperienza, ricavandone potenti
sensazioni emotive che, magari, possono appagarla in maniera tale, da non
avvertire altri bisogni di intimità.. Un altro aspetto che riguarda la donna,
subito dopo il parto, è la sensazione di
tristezza che può verificarsi, detta anche
baby blues, e che dipende da tanti fattori, quali l’improvviso calo
ormonale, il senso di vuoto e di perdita che segue il distacco tra madre e
bambino, fino ad ora collocati in una dimensione simbiotica, le nuove
responsabilità genitoriali ecc. Generalmente questa situazione tende a
scomparire spontaneamente dopo alcuni giorni o, al massimo, dopo due settimane.
Diversa è invece la
depressione post
partum, che assume le caratteristiche di una vera e propria patologia e per
la quale occorre intervenire in tempi rapidi.
In ogni caso è
opportuno concentrarsi sulle
risorse
che possono essere messe a disposizione, prima di tutto la figura del padre che
può essere coinvolta sia sul piano pratico ( cambio pannolini, bagnetto, fare
in modo che le mamma possa riposare ecc.), sia sul piano emotivo con l’offerta
di supporto e sostegno. Quando è possibile è importante l’attivazione di una
rete parentale ( o anche amicale), che possa contribuire ad un supporto
pratico, ma anche a far sentire la mamma meno sola e spaventata dal nuovo
compito che l’aspetta. In maniera diversa, ma comunque non meno importante,
anche il padre può trarre benefici da questa
rete di sostegno, essendo anche lui coinvolto, emotivamente e
sostanzialmente, in questa nuova esperienza genitoriale. Entrambi i genitori ,inoltre, potrebbero avere
bisogno di figure professionali di accompagnamento, prima e dopo il parto, come
l’ostetrica o la consulente perinatale, professione affermatasi di recente, che
offre sostegno e aiuto a mamme e genitori, preparando e sostenendo la coppia
dall’inizio della gravidanza fino a dopo la nascita del bambino e le tappe
successive del suo sviluppo. La presenza di un aiuto professionale può essere
utile anche per individuare precocemente i sintomi di una eventuale depressione
post partum, attivando così in tempi rapidi una rete di sostegno e di cura.
I cambiamenti strutturali e relazionali
Uno degli aspetti
che maggiormente incidono in questo periodo è la ridefinizione dello
spazio e del
tempo. Già durante la gravidanza la coppia aveva probabilmente predisposto,
all’interno della casa, un ambiente appositamente finalizzato ad accogliere il
nuovo arrivato e, quindi, era già presente una certa consapevolezza di dover
riorganizzare lo spazio, fino ad ora condiviso da due persone, in modo tale da
includere una nuova presenza. Tuttavia, all’atto pratico, la cameretta,
preparata con tanto impegno e cura, sembra non bastare più. E’ incredibile come
un esserino di pochi chili possa rivelarsi così invasivo: carrozzine, giochi,
biberon, tettarelle, tutine sembrano spargersi in tutta la casa, appropriandosi
di ogni stanza e demolendo tutti i confini. Questo può essere, per i genitori,
destabilizzante, perché viene a ridursi lo spazio personale e comporta
l’accettazione che la propria casa non è più quella di prima, ma deve essere
riadattata e riorganizzata a misura dei bisogni del bambino, rimodulando propri.
Anche la dimensione temporale viene a cambiare drasticamente, soprattutto nei
primi tempi. Oltre alle notti, speso insonni o, comunque, con una alterazione
dei ritmi di riposo, i genitori dovranno, specie all’inizio, rivedere le loro
abitudini, come per esempio le uscite serali o altre esigenze ricreative e
questo, spesso, a discapito della loro
vita
sociale. Inoltre se i tempi dei due genitori vengono agiti in maniera
diversa ( per esempio il padre lavora mentre la madre rimane a casa per il
congedo d maternità), c’è il rischio di una
divergenza nella gestione domestica. La madre, infatti, dopo una
lunga giornata passata con il figlio, può sentire il bisogno, al rientro del compagno,
di essere sollevata per un po’ da questa mansione e si aspetterà da lui una
sostituzione nel suo ruolo, cosa che non sempre avverrà per la stanchezza
lavorativa di lui. Entrambi penseranno che il compito dell’altro/a sia stato
meno impegnativo del proprio e ciò potrà portare a discussioni che, se
reiterate, possono essere il primo sintomo di una crisi. In questo caso occorre
che i genitori riescano a
recuperare un
minimo di tempo tutto per loro, in cui poter affrontare la situazione di
difficoltà, tramite il confronto e la condivisione dei reciproci stati
d’animo. Occorrerà trovare un equilibrio
che coniughi le esigenze del bambino con quelle dei genitori, che devono
continuare a percepirsi anche come coppia, nonostante l nuovo ruolo
genitoriale.
Un altro aspetto che
i genitori si troveranno a dover gestire è
il
rapporto con le rispettive famiglie d’origine
e, in particolare, con i nonni. Specialmente
nel caso del primo nipote i nonni vorranno essere partecipi e presenti, a volte
sconfinando nell’interferenza, che può essere sia a livello di tempo e spazio
(per esempio una presenza eccessiva senza regolamentazione), sia a livello di
aiuto, magari sotto forma di consigli non richiesti. Occorrerà mettere subito
in chiaro che
aiuto non significa ingerenza
e che la presenza dei nonni è gradita, ma va concordata con i genitori, in base
alle loro esigenze e a quelle del bambino. Potrebbero verificarsi anche
rivalità e competizione tra gli stessi nonni, dovute a fattori di varia natura (
per esempio se due nonni abitano ad una maggiore distanza potranno sentirsi
defraudati, oppure la nonna paterna potrà sentirsi meno considerata perché la
nuora le preferisce la madre e via di seguito) e questo potrebbe portare a
tensioni che, in questo momento di adattamento da parte dei neogenitori, potrebbero
ulteriormente destabilizzare. E’ in situazioni come queste che si misura ( come
scritto all’inizio) la solidità della
coppia, la sua emancipazione, il suo svincolo dalla famiglia d’origine.
Perché se ci sono
queste premesse sarà molto più semplice contenere “ l’esuberanza” dei nonni e
riuscire a viverli come la
preziosa
risorsa che sono, anche per l’attivazione di quella rete di sostegno e supporto
evidenziata prima.
Arrivano fratellini o sorelline….
Ovviamente la nascita
del primo figlio è quella che porta il
cambiamento più grande nel sistema coppia, in quanto, come evidenziato, sancisce
il passaggio, da coppia affettiva a coppia
anche genitoriale e pone quindi le basi
per la costruzione di un nuovo sistema
familiare.
Tuttavia anche
la nascita di un secondo figlio ( o
anche un terzo…) comporta sconvolgimenti negli equilibri relazionali e pratici
della famiglia. In questa sede l’attenzione viene posta soprattutto a quelle che
possono essere le reazioni del primogenito
a questa nuova presenza e su come i genitori possano affrontare questa
nuova sfida. Innanzi tutto, anche in
questo caso, dovranno essere ridefiniti spazi e tempi. Per quanto riguarda lo
spazio verranno effettuate scelte che
potranno comportare cambiamenti di vario
genere, ad esempio decidere se il nuovo arrivato dormirà, in un primo tempo,
con i genitori o se i due bambini divideranno la stessa stanza o, magari, se
avranno spazi diversi e separati. Ovviamente ci sarà da
conciliare le nuova “’invasione” dell’ambiente domestico, con gli
spazi già conquistati dal primogenito e, in ogni caso, verranno ridefiniti
equilibri e confini nuovi. Lo stesso vale per il
tempo, nuovamente da rimodulare e, questa volta, non soltanto in
virtù di una nuova presenza nella vita della coppia, ma anche tenendo conto delle ulteriori necessità sia del
nuovo arrivato, sia del figlio primogenito. La coppia avrà molto da lavorare
per mantenere un equilibrio relazionale che includa tutti, compresa la coppia
stessa. L’arrivo di un fratellino o di una sorellina comporta, per il primo
figlio, un grande cambiamento. Dovrà infatti imparare a
condividere l’amore e l’attenzione dei genitori, modificando il suo
ruolo all’interno della famiglia,
passando
da figlio unico a fratello maggiore. I genitori, invece, oltre alle
difficoltà strutturali sopradescritte, dovranno imparare a
ridistribuire attenzioni (ma anche energie!) in modo da garantire
il nuovo equilibrio familiare.
Ci sono, comunque,
diverse
variabili da considerare. Innanzi
tutto la
differenza di età tra i due
fratelli. Se questa differenza è minima ( un anno, due) ciò può essere positivo
perché riduce la percezione del primo figlio di una nuova presenza che possa togliergli
qualcosa, anche se, in questo caso, la coppia si trova a dover affrontare uno
sforzo considerevole a livello di impegno pratico e di consumo delle proprie energie,
situazione che potrebbe essere potenzialmente destabilizzante. Se
la differenza di età aumenta il primo
figlio avrà una maggiore consapevolezza delle particolari cure ricevute dal
nuovo arrivato e, probabilmente, avrà una reazione che lo porterà a voler
attirare l’attenzione dei genitori , specialmente della mamma, richiesta che
verrà però manifestata, probabilmente, con capricci, dispetti, piccole
“aggressioni” nei confronti del fratello più piccolo ed anche possibili
comportamenti regressivi. Inoltre, se il primo
figlio frequenta la scuola dell’infanzia, la separazione del bambino dalla
mamma, che peraltro rimane a casa con “ l’intruso”, potrà essere percepita come
un abbandono. Il passaggio alla scuola primaria e, conseguentemente, lo
sviluppo di una rete amicale del bambino potrebbe essere una risorsa, in quanto
lo porta a rivolgere la sua attenzione verso l’ esterno e, se abilmente
stimolato dai genitori, a considerare i vantaggi del suo essere più grande. Se
poi la
differenza di età tra fratelli è
piuttosto ampia (più o meno tra o gli otto/nove anni in poi)
l’accettazione del fratellino dovrebbe essere più semplice, data la disparità
di interessi ed il minore bisogno di fisicità nel rapporto con i genitori.
Tuttavia, proprio in questi casi, potrebbe esserci una reazione di “rifiuto”
nei confronti del fratello minore, che viene a sottrarre al primogenito
il ruolo di figlio unico che ha
esercitato da sempre. Anche in questo caso occorre un riassetto relazionale tra
i genitori ed il figlio al quale, data l’età, è possibile verbalizzare cosa
accade con la nuova situazione e portarlo a comprendere che la sua non una
perdita ma un passaggio da un ruolo ad un altro, magari sottolineando
l’importanza del ruolo del fratello maggiore.
Un aspetto da tenere
in considerazione, a mio parere, è quello di evitare la rigidità dei ruoli
genitoriali, soprattutto per quanto riguarda la figura paterna. Infatti può
speso capitare che il padre si occupi del “grande” e la madre del piccolo.
Questo, ovviamente, non favorisce né la nascente relazione tra i fratelli né
contribuisce a rinsaldare quello tra la madre ed il primogenito che, anzi, può
vivere questa spartizione come un’esperienza abbandonica da parte della madre.
La
flessibilità nell’agire i ruoli
genitoriali diventa, in questo caso, uno strumento da cui non si può prescindere.
Concludendo, in
questa particolare fase della vita familiare, sarebbe opportuno, da parte dei
genitori, adottare comportamenti che prevedano:
- Pazienza
- Accoglienza
- Accompagnamento
- Valorizzazione
dei ruoli reciproci
- Aiutare i propri
figli a creare una relazione tra di loro
- Far comprendere
al primogenito che avere un fratellino o una sorellina è insieme una perdita ed
una conquista, perché si perde l’unicità dell’attenzione genitoriale, ma si
acquista una figura che, all’interno della famiglia, sarà per lui sempre un punto di
riferimento e complicità
Ed infine, in tutto
questo tsunami emotivo, sarebbe utile che i genitori non perdessero di vista la loro
dimensione
di coppia, che dovrebbe rimanere intatta nella sua unicità, anche se vi è
stato il passaggio al ruolo di genitori e
il consolidamento del loro sistema
familiare.
Dott.ssa
Evita Raffaelli
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