Oggi è Venerdì, 19 Settembre 2025 Pagina iniziale La consulenza familiare come risorsa: mediare si può. Storia di Anna.

La consulenza familiare come risorsa: mediare si può.
Storia di Anna






L’intenzione di questo articolo è quella di esaminare una storia in cui è stato possibile effettuare una consulenza familiare, utilizzando le tecniche di mediazione e cercando di coinvolgere tutti i partecipanti, trasformando la loro presenza da parte del problema a risorsa per il problema.
Uso volutamente il termine storia perché, per me, le persone con le quali lavoro non sono un caso ma, appunto, persone ed ognuna di loro è portatrice di una propria storia.

Storia di Anna

Anna ( ovviamente nome di fantasia come tutti gli altri nomi citati in questo articolo) è una signora di sessanta anni, vedova da dieci ed ha due figlie : Carla di trenta anni e Chiara di ventidue. Anna ha lavorato e tuttora lavora come sarta, svolgendo la sua attività in una stanza esterna annessa alla propria abitazione. Integra le proprie entrate con la pensione di reversibilità del marito, che era impiegato statale.
Anna vive insieme a Chiara, che studia ancora, mentre la figlia maggiore Carla è sposata da sei anni ed ha un figlio di quattro.
Il motivo per cui Anna si rivolge a me è dovuto al fatto che Carla, in pratica , non permette alla madre di vedere il nipote, Lorenzo, di quattro anni. Se Anna telefona Carla non si fa trovare, se Anna cerca di andare a trovarla a casa, Carla si nega o fa in modo che le visite durino pochi minuti. Di fatto le interazioni tra nonna e nipote sono molto scarse ed Anna vive questa situazione molto male, anche con ripercussioni a carattere fisico ((dorme male, ha spesso mal di stomaco anche se, a livello clinico, il suo stato di salute risulta buono).
Concordiamo un appuntamento per poter approfondire questa sua richiesta.

Il percorso

Anna arriva mostrando una certa agitazione. E’ una donna piccola, curata e denota una certa timidezza ed una forma di disagio. Lo capisco dalla difficoltà che ha di sostenere il mio sguardo e dal fatto che continua a muovere il cellulare che tiene in mano, controllandolo più volte. La invito a parlare con calma, partendo da quello che le viene in mente, senza pensarci troppo. E comincia a raccontare.
Il rapporto con sua figlia Carla è sempre stato conflittuale, soprattutto dal periodo dell’adolescenza, diversamente da quello con Chiara che, sottolinea, è molto più tranquillo. La situazione è poi ulteriormente degenerata dopo la nascita di Lorenzo, Carla non ha voluto che la madre fosse presente all’ospedale quando lui è nato e le ha consentito di vederlo pochissime volte. Si è rivolta alla suocera per ogni forma di aiuto, rifiutando tutti i tentativi della madre per un eventuale sostegno. Quindi il bambino ha sviluppato un forte attaccamento con la nonna paterna mentre lei è sempre stata esclusa e, se presente per qualche festività o altre rare occasioni, l’atteggiamento della figlia è sempre stato molto freddo e respingente, al punto di tollerare che Carla tenesse in braccio il piccolo per pochi minuti soltanto.
Mentre racconta tutto questo Carla scoppia a piangere e continuerà a commuoversi per tutto il nostro incontro. Le chiedo se questo atteggiamento di Carla sia condiviso anche da suo marito e lei risponde di no, anzi riferisce che, spesso, il genero ha invitato Carla ad essere più inclusiva con la madre, ma senza ottenere nessun risultato.
A questo punto le chiedo se sua figlia dia delle spiegazioni per il proprio comportamento ed Anna racconta che i loro rapporti, come già detto, non sono stati mai facili, anche a causa della loro storia familiare.
Anna, infatti, riferisce di essere stata maltrattata dal marito più volte, anche davanti alle figlie ma, soprattutto, di fronte a Carla. Il marito, infatti, agiva violenza verso di lei, sia a livello fisico, sia a livello verbale, svalutandola ripetutamente. Quando Carla ha iniziato a rendersi conto di quello che stava accadendo e a capire che ciò non era giusto, ha cercato di incitare la madre ad uscire da quella situazione incresciosa, spingendola a separarsi dal padre. Tuttavia Anna non riusciva a prendere questa iniziativa, anche perché non si sentiva appoggiata da nessuno. I suoi genitori, infatti, erano molto anziani e malati ( adesso sono deceduti da molto tempo) e non avrebbero potuto aiutarla, mentre i suoceri, pur essendo al corrente della situazione, non vi davano peso, dato che, anche nella loro famiglia, era presente questa modalità relazionale. La suocera la invitava a stare zitta e a non creare occasioni per fare arrabbiare il marito, come del resto, aveva sempre fatto lei. Le chiedo se sapesse, prima di sposarsi, che il marito venisse da un contesto violento e potesse riprodurlo con lei e risponde che “qualcosa aveva capito”, ma pensava che, con il matrimonio, sarebbe cambiato. Incalzata da Carla, Anna ha cercato un paio di volte di uscire da questa situazione, che avvelenava tutto il contesto familiare, rendendo l’atmosfera di casa pesante e perennemente tesa, anche se il marito non ha mai usato violenza sulle figlie.
Tuttavia per paura, per insicurezza ( il suo lavoro non le garantiva un’autonomia economica ), per mancanza di fiducia in se stessa, Anna ammette di non avercela fatta, definendosi “una madre ed una donna fallita”.
Carla, dopo i suoi inutili tentativi di “liberare” la madre ha iniziato ad essere sempre più fredda e distaccata con lei e non ha cambiato atteggiamento neppure quando, alla morte del padre, la situazione in casa si è resa più vivibile. Accusa la madre di essere stata complice del padre e di non averla protetta.
Le chiedo se anche Chiara condivida queste convinzioni ed Anna risponde di no, sia perché ha vissuto questa situazione per meno tempo, sia perché Carla l’ha protetta molto, evitandole di assistere alle scene più drammatiche. Le chiedo quali siano i rapporti tra le due sorelle e risponde che sono molto buoni, si frequentano e Chiara agisce senza problemi il suo ruolo di zia. Ci lasciamo decidendo di iniziare un percorso insieme.

Le informazioni recepite e la loro elaborazione

Da questo primo colloquio sono emersi alcuni indicatori che possono già delineare un'ipotesi di progetto di lavoro.

Innanzi tutto appare evidente che Anna ha un livello molto baso di autostima che, probabilmente, era presente anche prima del suo matrimonio ( lo evidenzia il fatto che, già durante il fidanzamento, aveva percepito che qualcosa non andava, ma aveva sperato di poter modificare la situazione). La relazione coniugale ha quindi i agito come rinforzo di una carenza di autostima già esistente ed i suoi tentativi falliti di porre fine a questo stato di cose hanno ulteriormente convinto Anna di non valere, scatenando in lei anche il senso di colpa per aver deluso la figlia e facendola, quindi, sentire un completo fallimento.
Pertanto il primo step di questo lavoro sarà rafforzare l’autostima di Anna, attraverso un percorso di consapevolezza che la porti ad accettarsi, a volersi bene e a poter pronunciare, finalmente, quel “ mi merito”, che non si è mai concessa.
Carla ,dal canto suo, non riesce a perdonare la madre per averle fatto vivere un’infanzia ed un’adolescenza in perenne stato di allerta e di averla costretta ad essere adulta prima del tempo, dovendo proteggere la sorella minore ed ha pertanto sviluppato una rabbia, nei sui confronti, che la porta a “punirla”, non facendole vivere il suo ruolo di nonna e chiudendo con lei ogni forma di comunicazione. Anna, infatti, sostiene che sarebbe impossibile, almeno per ora, progettare un incontro tra lei e la figlia, anche in un contesto protetto come quello in cui stiamo lavorando.
Chiara sembra costituire, in questo tentativo di costruzione di un confronto tra Anna e Carla, una risorsa. Infatti è l’unica persona che riesce ad avere un rapporto sereno, sia con la madre, sia con la sorella.

Pertanto il lavoro procederà con un incontro tra Chiara e la madre, in cui anche Chiara avrà modo di esprimere i suoi stati d’animo e le sue emozioni rispetto a ciò che sta accadendo ed è accaduto e, successivamente, avrà il compito di convincere la sorella a partecipare ad un incontro con me, senza la presenza della madre.

Questo è uno dei momenti più delicati del percorso, perché un rifiuto di Carla può compromettere seriamente tutto il lavoro

 Fortunatamente, dopo molte insistenze, Carla accetta e svolgiamo un primo colloquio in cui lei riesce ad esprimere le sue emozioni, che sono la rabbia ( come emozione prevalente), ma anche il dolore e la fatica di portare avanti questa “guerra” con la madre. Il rapporto con Anna è emotivamente ambivalente, perché vi è una parte di Carla che tende a rifiutarla per “punirla” ed una parte che denota un bisogno di ritrovare la madre. Negli incontri successivi ( sia individuali con Carla, sia con entrambe le sorelle) emergono anche le emozioni nei confronti della figura paterna, fino ad ora “ricoperte” da quelle verso la madre e Carla riesce ad avere una visione più distanziata rispetto al vissuto familiare.
A questo punto ritengo sia possibile organizzare un incontro tra Carla ed Anna e questa proposta viene accettata.
Il primo incontro tra Anna e Carla è caratterizzato da una forte tensione emotiva e le due donne riescono, all’inizio con molta difficoltà e reciproca diffidenza, ad esprimere i propri pensieri e ad interagire, a volte anche in maniera concitata, cercando di spiegare l’una all’altra i propri punti di vista ( in questa fase l’ascolto reciproco è lo strumento principale).
A questo incontro ne seguono altri e, in uno di questi, Carla annuncia di avere iniziato un percorso psicoterapeutico per sciogliere alcuni nodi con se stessa, manifestando una nuova consapevolezza.
Il passo successivo e definitivo sarà quello di riunire di nuovo Anna ed entrambe le figlie e, in questo ultimo incontro, verificare se Anna e Carla abbiano acquisito la capacità di stabilire un rapporto sufficientemente
“ripulito” dai vissuti traumatici del passato e siano pronte a ridefinire nuove regole per il presente, soprattutto rispetto alla possibilità di Anna di esercitare il suo status di nonna.
Anna e Carla sono pronte per sperimentare questa nuova fase della loro relazione ed affrontare i cambiamenti che loro stesse vogliono attuare. La presenza di Chiara è importante perché, anche lei, attraverso questa nuova modalità relazionale tra la madre e la sorella , viene liberata dal ruolo di figura di collegamento tra di loro , acquisendo una nuova autonomia.


Analisi, metodologia e conclusioni





Quando siamo di fronte ad una famiglia che presenta delle disfunzionalità, è come trovarsi di fronte ad un palcoscenico in cui alcuni attori stanno recitando. Tuttavia, ciascuno di loro interpreta una parte in maniera autoreferenziale, senza che ci sia una vera e propria interazione con gli altri .
A volte può capitare che un attore si sforzi di comunicare quello che pensa e che prova, magari alzando i toni e manifestando rabbia, causando così una reazione negli altri attori che può essere, a seconda della circostanza, una risposta altrettanto furiosa ,sarcastica o addirittura indifferente, ma poi tutto rientra e gli interpreti continuano la loro rappresentazione egocentrata e lo spettatore non percepisce una comunicazione interattiva, ma solo una cacofonia di suoni.
Attraverso la consulenza e la mediazione familiare vi è il tentativo di interrompere questo schema e, come avete visto in questa storia, la metodologia adottata si è basata su:

Analisi degli indicatori e dei messaggi anche sublimali , che già emergono dal primo/secondo incontro, per poter elaborare un progetto di lavoro iniziale

Individuazione delle possibili risorse ( in questo caso la risorsa è stato Chiara, che aveva buoni rapporti sia con la madre che con la sorella)

Attivazione di incontri che possano stabilire confronto tra i vari attori ( anche gradualmente, come in questa storia)

Facilitazione dell’ascolto reciproco, che porta, come conseguenza, al riconoscimento dell’altro e ad una diversa prospettiva nei confronti degli eventi critici

Uscita dal loop che permette di rimanere invischiati nel passato, situazione che non consente il cambiamento

Mediazione tra i bisogni espressi dai protagonisti

Progettazione per il presente ed il futuro.


Dott.ssa Evita Raffaelli
Cell. 3493638465
Mail evita.rr@virgilio.it


Commenti

  • Luigi (6 giorni fa) scrive:

    Eccezionale la capacità di sintesi e di coinvolgimento.

  • Sandra (8 giorni fa) scrive:

    Molto interessante, grazie dottoressa

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