La rivalità tra fratelli: dai litigi infantili ai conflitti da adulti.

La relazione tra fratelli e sorelle ( per
semplice comodità userò, in questo articolo, il primo vocabolo) è caratterizzata da una complessa
ambivalenza:
da un lato i fratelli sperimentano un legame affettivo fortissimo-unico nel suo
genere-, oltre alla condivisione di esperienze e storie familiari , dall’altro,
tra di loro, possono crearsi conflittualità “ feroci”, che spesso possono
diventare durature nel tempo, se non irreversibili.
Cenni storici e mitologici

A questo
proposito , un vasto panorama storico, mitologico e fiabesco, offre esempi di relazioni tra
fratelli, in cui si alternano momenti di collaborazione e forte sostegno
reciproco a momenti di rivalità, a volte mascherata, a volte talmente forte da
portare addirittura alla morte di uno di loro.
Possiamo
partire dal celebre episodio biblico di
Caino ed Abele, in cui il primo era un agricoltore ed il secondo un pastore.
Avendo Dio (simbolicamente la figura paterna) accolto l’offerta di Abele, un agnello , rifiutando
quella di Caino, i frutti della terra, quest’ultimo fu colto da un tale attacco
di
gelosia nei confronti del
fratello, che lo indusse ad ucciderlo. Sempre in ambito biblico possiamo
ricordare la storia di Giuseppe, figlio di Giacobbe, venduto dai fratelli come schiavo, perché invidiosi della
preferenza paterna e della capacità, da lui posseduta, di fare sogni profetici.
Come non ricordare poi la leggenda legata ai due gemelli Romolo e Remo che,
diventati adulti dopo aver condiviso una storia abbandonica, litigano per la
scelta del colle su cui erigere la futura città di Roma e, nello scontro,
Romolo uccide il fratello. Nella mitologia greca possiamo citare i fratelli
Atreo e Tieste che, per la conquista del trono, danno vita ad una catena
di atroci ed efferate vendette
reciproche, fino alla morte di Atreo. Ma esistono anche narrazioni che mostrano
legami di attaccamento fortissimi tra fratelli, come racconta il mito di
Castore e Polluce. Polluce era immortale, mentre Castore no e, all’uccisione di
quest’ultimo durante un combattimento, Polluce implora Zeus di poter
condividere la propria immortalità con il fratello, richiesta che venne accolta
e ciò fece sì che i due gemelli
trascorressero metà dell’anno nell’Ade e l’altra metà nell’Olimpo, legati per
sempre. Per quanto riguarda le fiabe, anche in questo campo troviamo esempi di
rivalità molto aspre tra fratelli. Basti pensare alla favola di Cenerentola
che, a causa della sua bellezza, subisce angherie giornaliere sia dalla
matrigna, sia dalle sorelle ( in questo caso declassate a sorellastre).
Tuttavia, sempre attraverso le fiabe emergono storie di complicità e protezione
tra fratelli, come avviene, per esempio, nella favola di Hans e Gretel, dove
quest’ultima salverà il fratello dalla strega malvagia, che lo voleva divorare
( lo schema di questa fiaba è molto simile a quella di Pollicino, che riesce a
mettere in salvo i suoi fratelli, grazie alla sua arguzia).
Quindi
l’ambivalenza del rapporto tra fratelli, come si può vedere, ha radici antiche
e trasversali: rivalità, gelosia, odio convivono con affetti profondi, che
possono spingersi fino al sacrificio personale.
I fratelli all’interno della famiglia e
il figlio “preferito”
Le relazioni
tra fratelli vengono fortemente connotate dalla posizione che ricoprono
all’interno del sistema familiare e dai comportamenti dei genitori. Ci sono alcune
variabili da considerare, a questo proposito.
Innanzi
tutto le
preferenze. Avere preferenze
rispetto a figli è abbastanza comprensibile. Spesso un genitore può trovarsi in
maggiore sintonia con un figlio invece che con un altro, per una serie di
motivi, che possono essere caratteriali, affinità di pensiero, preferenza di
sesso e tanto altro. Tuttavia, quando questa preferenza si concretizza in
comportamenti che comportano privilegi e trattamenti diversi per “il
preferito”, ciò provoca nell’altro fratello ( o negli altri) un senso di esclusione, di
mancanza, di ingiustizia. Ma anche la percezione di ricevere meno amore e,
probabilmente, la convinzione di non esserne degno. Le reazioni più comuni sono quelle cercare di conquistare l’amore del genitore, attraverso
comportamenti che possano produrre il riconoscimento del bambino e veicolare su
di lui l’attenzione, dando vita a schemi comportamentali che continueranno
anche in età adulta. Il “bambino non visto” ,o visto meno, porterà sempre
dentro di sé questa mancanza e cercherà di riparare attraverso azioni che
possano metterlo al centro dell’affetto dei genitori ( essere bravo a scuola,
essere obbediente ecc.), ma può anche capitare che adotti comportamenti deplorevoli
ed oppositivi, pur di essere comunque riconosciuto ( a volte questi
atteggiamenti possono essere talmente
estremizzati da produrre l’effetto “ pecora nera”, in cui il sistema familiare
ostracizza l’elemento disturbante).
Rispetto al
fratello percepito come “il preferito” il bambino proverà probabilmente una forte gelosia, che potrà trasformarsi in
rancore con il passare del tempo e che, comunque, conviverà con l’affetto che,
in ogni caso, il bambino prova, caratterizzando quell’ambivalenza che spesso
denota il vincolo tra fratelli. Se poi i genitori tendono ad effettuare confronti tra i loro
figli, portando un figlio ad esempio dell’altro, ciò creerà ulteriori scompensi
nel rapporto tra fratelli e la lotta per primeggiare può diventare molto dura,
creando comunque sempre un vinto ed un vincitore, quindi un fratello che riceve
più riconoscimenti e gratificazioni dell’altro.
Perché l’oggetto del contendere,
alla fine, è l’amore dei genitori e chi
perde in questo confronto porterà con sé la sensazione di essere il meno amato.
Un altro
aspetto che può creare preferenze si verifica quando i genitori, spesso per
motivi legati alle dinamiche del loro rapporto di coppia, tendono a creare
alleanze unilaterali con un figlio, escludendo l’altro. Si avrà così il bambino
“preferito “ dalla mamma e quello “preferito dal babbo”, contrapponendo così i
figli, che non avranno mai una percezione integrale dell’amore genitoriale,
perché se si crea un’alleanza con uno dei due genitori, inevitabilmente verrà
penalizzata la relazione con l’altro.
Vi è poi la
questione del
mandato familiare.
Il mandato
familiare consiste in quella serie di messaggi, spesso impliciti, ma a volte anche
esplicitati chiaramente, con cui si definisce il ruolo dei membri della
famiglia e, in questo caso, dei figli. Per esempio un figlio sarà depositario
del mandato di prendersi cura della
famiglia, ad un altro verrà assegnato il compito di eccellere negli studi e
così via. In base al mandato ricevuto ( spesso intergenerazionale) si
svilupperanno
le aspettative genitoriali , che i figli dovranno soddisfare. In
base a queste diverse
aspettative, si
svilupperà, all’interno della famiglia e nella relazione tra fratelli,
l’attuazione di ruoli ben definiti, che possono diventare anche delle prigioni
emotive, in quanto esercitare un mandato, che non è stato scelto, può provocare
inquietudine ed insofferenza. Nella relazione tra fratelli l’agire di questi
mandati può essere a volte destabilizzante. Per esempio, un fratello che
esercita il mandato di care giver può, ad un certo punto, sentirne il peso e
sviluppare , nei confronti degli altri, sentimenti di rancore e di astio. Di
contro, i fratelli non investiti da questo specifico mandato, possono non
comprendere l’insofferenza del fratello, dato che è sempre stato così’ e, se
non si interviene subito con un confronto chiaro ed esaustivo, si possono
creare quei non detti, che vanno a compromettere la loro relazione.
L’assegnazione
del mandato dipende da diverse variabili ( per esempio il genere a cui si
appartiene, le particolarità caratteriali ecc.) e, tra queste, vi è anche
l’ordine di nascita. A volte il figlio primogenito può essere caricato di
maggiori responsabilità ( e quindi di aspettative) ricevendo, in cambio,
maggiori attenzioni dai genitori, che sperimentano per la prima volta la
genitorialità. Il rapporto tra il figlio primogenito ed il secondo genito può
essere caratterizzato da forti componenti di gelosia, sia da parte del primo (
esautorato della sua unicità), ma anche da parte del secondo genito, che puo'
essere geloso delle attenzioni ricevute dal fratello maggiore e ,magari,
invidioso della sua maggiore libertà. In compenso trova la strada già spianata,
come del resto accade all’ultimo nato. Queste tendenze sono comunque
influenzate da molteplici variabili, quali l’appartenenza di genere, la
differenza di età che intercorre tra i fratelli ecc.) e meriterebbero uno
studio più approfondito, da effettuare in altra sede. Quello che intendo
sottolineare è come la relazione tra fratelli sia condizionata dai vari
comportamenti genitoriali, che possono contribuire a creare ferite e
lacerazioni nei propri figli.
La continuità del rapporto in età adulta
e la possibile prevenzione genitoriale

Come è stato
evidenziato il rapporto tra fratelli appare connotato da molteplici
sfaccettature.
Da un lato
la relazione tra fratelli è caratterizzata da legami intensi, fatti di
complicità, solidarietà, sostegno reciproco, forte condivisione del senso di
appartenenza familiare. Dall’altro è contraddistinta da sentimenti di gelosia,
a volte molto forti, di competizione, di
rancore.
Se durante
l’infanzia la rivalità tra fratelli si esprime attraverso litigi e, a volte,
anche scontri fisici, in età adulta le cose possono complicarsi ulteriormente. Quelli
che erano i bisticci e i dispetti , messi in atto durante l’infanzia , possono
trasformarsi in vere e proprie faide. Non è raro che i fratelli, da adulti, si
scontrino per questioni ereditarie, per chi deve accudire i genitori, per
competizioni sentimentali ecc. A volte,
durante questi scontri, possono volare parole pesanti e, addirittura, i
fratelli possono interrompere ogni rapporto
e non parlarsi più per anni. Ovviamente questi atteggiamenti causano
mancanze e senso di perdita, perché “eliminare” un fratello significa negare anche una parte di se stessi,
rifiutare quella componente di affetto, complicità, condivisione, che determina
il legame fraterno. Ma spesso, come accadeva da piccoli quando si litigava per
un giocattolo o un dolce, anche in questo caso occorre non fermarsi alla
superficie. Gli scontri nascondono, quasi sempre, vecchie ferite non
rimarginate, senso di inferiorità di un fratello nei confronti dell’altro,
percezione di non essere stato “il preferito”, insomma, ancora una volta,
l’oggetto reale del contendere è l’amore e l’attenzione dei genitori, anche se
non ci sono più. Quindi impuntarsi per dividere i beni lasciati dai genitori
non significa soltanto voler possedere di più, ma può nascondere la voglia di
rimarcare, chiedendo un oggetto o un lascito maggiore, la propria importanza di
fronte ai genitori, rivendicare un ruolo preferenziale, che gli altri fratelli
possono mettere in discussione. Dietro a questi comportamenti risuona la voce
del bambino che pretende maggiore attenzione ed amore da parte del genitore. E,
se durante l’infanzia ci sono state mancanze in questo senso
, la lotta si fa dura.
La questione
del figlio “ preferito”, quello che ha ricevuto più premure dai genitori ( o
almeno è stato percepito così) rimane sempre un tema presente nella relazione
tra fratelli, argomento che spesso viene citato, anche scherzosamente, durante
le riunioni familiari, in cui i fratelli, ormai adulti e magari loro stessi
genitori, ritornano bambini e si trovano di nuovo di fronte alla sfida su chi è
stato più amato.
Per
scaricare questo fardello i fratelli, ormai adulti, dovrebbero provare a
ripensare alla propria infanzia, ai sentimenti provati allora, alla gelosia, ma
anche ai momenti positivi vissuti insieme ed al legame speciale che li ha uniti. Solo separando il
vissuto infantile da quello adulto sarà possibile recuperare, almeno in parte,
un buon rapporto tra fratelli. Rapporto che comprenderà un’analisi
condivisa delle dinamiche familiari, una
comunicazione chiara e sincera, una nuova consapevolezza che, nonostante tutto,
vale la pena di difendere una relazione che è un punto di riferimento affettivo
unico nel suo genere .
Quindi i
genitori dovrebbero adottare, già durante l’infanzia dei propri figli, dei
comportamenti che possano essere rassicuranti nei loro confronti e saper
gestire le dinamiche conflittuali dei propri figli.
Il primo
accorgimento, che ritengo basilare, è quello di muoversi sulla stessa lunghezza
d’onda, ovvero agire un comportamento condiviso ed equo rispetto ai loro figli,
anche se vi possono essere preferenze personali. Lo stesso vale per la
creazione di alleanze unilaterali con i
propri figli ( atteggiamento che puo' essere ancor più evidenziato in
caso di separazione della coppia genitoriale) , che possono portare addirittura
ad una vera e propria “spartizione” dei loro figli, come già rilevato.
Un altro
accorgimento da utilizzare è quello di non schierarsi con un figlio contro
l’altro, anche se stanno litigando e ,magari, uno dei due sta facendo il
prepotente. Il genitore può, se per esempio la lite è per avere un giocattolo
conteso , stabilire un tempo per ciascuno in cui poterlo utilizzare, oppure se
il bambino rivendica il giocattolo perché è suo, il genitore può spiegare al
fratello questo fatto ed orientarlo a giocare con i suoi giocattoli di
appartenenza. Ovviamente tutto questo è relazionato all’età dei bambini ( e
dalla differenza che intercorre tra di loro), comunque il principio resta
quello di non prendere posizioni che possano essere percepite come alleanze ( “
è lui il preferito!”), ma spiegare con pazienza e, soprattutto, ricordarsi che
spesso, dietro ad un litigio per un giocattolo, vi sono bisogni più complessi,
come quello di rimarcare il ruolo di figlio più importante o addirittura una sfida per avere maggiore considerazione
dal genitore ( " se “dà ragione a me sono il suo preferito).
Sempre
seguendo questa linea, i genitori dovrebbero evitare drasticamente di fare
confronti tra i figli, soprattutto in loro presenza. Le frasi, spesso ripetute,
( “guarda tuo fratello come si comporta meglio” “ perché non sei obbediente
come lui?” ecc.) non fanno altro che rinforzare la convinzione del bambino, che
riceve questi messaggi, di essere il figlio meno amato e pongono le basi per
rivalità e conflitti futuri.
Infine,
proprio per trasmettere a ciascun figlio, la percezione di avere un rapporto
paritario con il genitore, a livello affettivo, sarebbe opportuno creare dei
tempi e degli spazi in cui un genitore condivide esperienze con un solo figlio
( ovviamente in alternanza) , in modo da poter stabilire con lui un rapporto in
cui interagiscono solo loro due.
Tutto questo
per poter prevenire ed evitare futuri comportamenti eccessivamente conflittuali
, in cui l’adulto rivive le ferite non sanate nella relazione genitori/fratelli
durante l’infanzia, facendo sì che, nelle divergenze tra fratelli, sia il
bambino frustrato a condurre la situazione e non l’adulto responsabile.
Bibliografia
Mariano N.
Sartore , “ Il legame fraterno nei miti e nelle fiabe”, Centro Accoglienza
Psicologica
S.
Capodieci, “ Fratelli & Sorelle. Hans e Gretel o Caino e Abele, Milano, San
Paolo, 2023
Vanessa
Rojas, “ I mandati famigliari e le loro importanza in psicologia”, dal web
Dott.ssa
Evita Raffaelli
evita.rr@virgilio.it
cell.
3493638465