Oggi è Sabato, 22 Novembre 2025 Pagina iniziale La rivalità tra i fratelli: dai litigi infantili ai conflitti da adulti

La rivalità tra fratelli: dai litigi  infantili ai conflitti da adulti.







La relazione tra fratelli e sorelle ( per semplice comodità userò, in questo articolo, il primo vocabolo) è caratterizzata da una complessa ambivalenza: da un lato i fratelli sperimentano un legame affettivo fortissimo-unico nel suo genere-, oltre alla condivisione di esperienze e storie familiari , dall’altro, tra di loro, possono crearsi conflittualità “ feroci”, che spesso possono diventare durature nel tempo, se non irreversibili.

Cenni storici e mitologici








A questo proposito , un vasto panorama storico, mitologico e fiabesco, offre esempi di relazioni tra fratelli, in cui si alternano momenti di collaborazione e forte sostegno reciproco a momenti di rivalità, a volte mascherata, a volte talmente forte da portare addirittura alla morte di uno di loro.
Possiamo partire dal celebre episodio biblico di Caino ed Abele, in cui il primo era un agricoltore ed il secondo un pastore. Avendo Dio (simbolicamente la figura paterna) accolto l’offerta di Abele, un agnello , rifiutando quella di Caino, i frutti della terra, quest’ultimo fu colto da un tale attacco di gelosia nei confronti del fratello, che lo indusse ad ucciderlo. Sempre in ambito biblico possiamo ricordare la storia di Giuseppe, figlio di Giacobbe, venduto dai fratelli come schiavo, perché invidiosi della preferenza paterna e della capacità, da lui posseduta, di fare sogni profetici. Come non ricordare poi la leggenda legata ai due gemelli Romolo e Remo che, diventati adulti dopo aver condiviso una storia abbandonica, litigano per la scelta del colle su cui erigere la futura città di Roma e, nello scontro, Romolo uccide il fratello. Nella mitologia greca possiamo citare i fratelli Atreo e Tieste che, per la conquista del trono, danno vita ad una catena di atroci ed efferate vendette reciproche, fino alla morte di Atreo. Ma esistono anche narrazioni che mostrano legami di attaccamento fortissimi tra fratelli, come racconta il mito di Castore e Polluce. Polluce era immortale, mentre Castore no e, all’uccisione di quest’ultimo durante un combattimento, Polluce implora Zeus di poter condividere la propria immortalità con il fratello, richiesta che venne accolta e ciò fece sì che i due gemelli trascorressero metà dell’anno nell’Ade e l’altra metà nell’Olimpo, legati per sempre. Per quanto riguarda le fiabe, anche in questo campo troviamo esempi di rivalità molto aspre tra fratelli. Basti pensare alla favola di Cenerentola che, a causa della sua bellezza, subisce angherie giornaliere sia dalla matrigna, sia dalle sorelle ( in questo caso declassate a sorellastre). Tuttavia, sempre attraverso le fiabe emergono storie di complicità e protezione tra fratelli, come avviene, per esempio, nella favola di Hans e Gretel, dove quest’ultima salverà il fratello dalla strega malvagia, che lo voleva divorare ( lo schema di questa fiaba è molto simile a quella di Pollicino, che riesce a mettere in salvo i suoi fratelli, grazie alla sua arguzia).

Quindi l’ambivalenza del rapporto tra fratelli, come si può vedere, ha radici antiche e trasversali: rivalità, gelosia, odio convivono con affetti profondi, che possono spingersi fino al sacrificio personale.



I fratelli all’interno della famiglia e il figlio “preferito”

Le relazioni tra fratelli vengono fortemente connotate dalla posizione che ricoprono all’interno del sistema familiare e dai comportamenti dei genitori. Ci sono alcune variabili da considerare, a questo proposito.
Innanzi tutto le preferenze. Avere preferenze rispetto a figli è abbastanza comprensibile. Spesso un genitore può trovarsi in maggiore sintonia con un figlio invece che con un altro, per una serie di motivi, che possono essere caratteriali, affinità di pensiero, preferenza di sesso e tanto altro. Tuttavia, quando questa preferenza si concretizza in comportamenti che comportano privilegi e trattamenti diversi per “il preferito”, ciò provoca nell’altro fratello ( o negli altri) un senso di esclusione, di mancanza, di ingiustizia. Ma anche la percezione di ricevere meno amore e, probabilmente, la convinzione di non esserne degno. Le reazioni più comuni sono quelle cercare di conquistare l’amore del genitore, attraverso comportamenti che possano produrre il riconoscimento del bambino e veicolare su di lui l’attenzione, dando vita a schemi comportamentali che continueranno anche in età adulta. Il “bambino non visto” ,o visto meno, porterà sempre dentro di sé questa mancanza e cercherà di riparare attraverso azioni che possano metterlo al centro dell’affetto dei genitori ( essere bravo a scuola, essere obbediente ecc.), ma può anche capitare che adotti comportamenti deplorevoli ed oppositivi, pur di essere comunque riconosciuto ( a volte questi atteggiamenti possono essere talmente estremizzati da produrre l’effetto “ pecora nera”, in cui il sistema familiare ostracizza l’elemento disturbante).
Rispetto al fratello percepito come “il preferito” il bambino proverà probabilmente una forte gelosia, che potrà trasformarsi in rancore con il passare del tempo e che, comunque, conviverà con l’affetto che, in ogni caso, il bambino prova, caratterizzando quell’ambivalenza che spesso denota il vincolo tra fratelli. Se poi i genitori tendono ad effettuare confronti tra i loro figli, portando un figlio ad esempio dell’altro, ciò creerà ulteriori scompensi nel rapporto tra fratelli e la lotta per primeggiare può diventare molto dura, creando comunque sempre un vinto ed un vincitore, quindi un fratello che riceve più riconoscimenti e gratificazioni dell’altro.



Perché l’oggetto del contendere, alla fine, è l’amore dei genitori e chi perde in questo confronto porterà con sé la sensazione di essere il meno amato.
Un altro aspetto che può creare preferenze si verifica quando i genitori, spesso per motivi legati alle dinamiche del loro rapporto di coppia, tendono a creare alleanze unilaterali con un figlio, escludendo l’altro. Si avrà così il bambino “preferito “ dalla mamma e quello “preferito dal babbo”, contrapponendo così i figli, che non avranno mai una percezione integrale dell’amore genitoriale, perché se si crea un’alleanza con uno dei due genitori, inevitabilmente verrà penalizzata la relazione con l’altro.

Vi è poi la questione del mandato familiare.
Il mandato familiare consiste in quella serie di messaggi, spesso impliciti, ma a volte anche esplicitati chiaramente, con cui si definisce il ruolo dei membri della famiglia e, in questo caso, dei figli. Per esempio un figlio sarà depositario del mandato di prendersi cura della famiglia, ad un altro verrà assegnato il compito di eccellere negli studi e così via. In base al mandato ricevuto ( spesso intergenerazionale) si svilupperanno le aspettative genitoriali , che i figli dovranno soddisfare. In base a queste diverse aspettative, si svilupperà, all’interno della famiglia e nella relazione tra fratelli, l’attuazione di ruoli ben definiti, che possono diventare anche delle prigioni emotive, in quanto esercitare un mandato, che non è stato scelto, può provocare inquietudine ed insofferenza. Nella relazione tra fratelli l’agire di questi mandati può essere a volte destabilizzante. Per esempio, un fratello che esercita il mandato di care giver può, ad un certo punto, sentirne il peso e sviluppare , nei confronti degli altri, sentimenti di rancore e di astio. Di contro, i fratelli non investiti da questo specifico mandato, possono non comprendere l’insofferenza del fratello, dato che è sempre stato così’ e, se non si interviene subito con un confronto chiaro ed esaustivo, si possono creare quei non detti, che vanno a compromettere la loro relazione.

L’assegnazione del mandato dipende da diverse variabili ( per esempio il genere a cui si appartiene, le particolarità caratteriali ecc.) e, tra queste, vi è anche l’ordine di nascita. A volte il figlio primogenito può essere caricato di maggiori responsabilità ( e quindi di aspettative) ricevendo, in cambio, maggiori attenzioni dai genitori, che sperimentano per la prima volta la genitorialità. Il rapporto tra il figlio primogenito ed il secondo genito può essere caratterizzato da forti componenti di gelosia, sia da parte del primo ( esautorato della sua unicità), ma anche da parte del secondo genito, che puo' essere geloso delle attenzioni ricevute dal fratello maggiore e ,magari, invidioso della sua maggiore libertà. In compenso trova la strada già spianata, come del resto accade all’ultimo nato. Queste tendenze sono comunque influenzate da molteplici variabili, quali l’appartenenza di genere, la differenza di età che intercorre tra i fratelli ecc.) e meriterebbero uno studio più approfondito, da effettuare in altra sede. Quello che intendo sottolineare è come la relazione tra fratelli sia condizionata dai vari comportamenti genitoriali, che possono contribuire a creare ferite e lacerazioni nei propri figli.


La continuità del rapporto in età adulta e la possibile prevenzione genitoriale


                                                                              


Come è stato evidenziato il rapporto tra fratelli appare connotato da molteplici sfaccettature.
Da un lato la relazione tra fratelli è caratterizzata da legami intensi, fatti di complicità, solidarietà, sostegno reciproco, forte condivisione del senso di appartenenza familiare. Dall’altro è contraddistinta da sentimenti di gelosia, a volte molto forti, di competizione, di rancore.
Se durante l’infanzia la rivalità tra fratelli si esprime attraverso litigi e, a volte, anche scontri fisici, in età adulta le cose possono complicarsi ulteriormente. Quelli che erano i bisticci e i dispetti , messi in atto durante l’infanzia , possono trasformarsi in vere e proprie faide. Non è raro che i fratelli, da adulti, si scontrino per questioni ereditarie, per chi deve accudire i genitori, per competizioni sentimentali ecc. A volte, durante questi scontri, possono volare parole pesanti e, addirittura, i fratelli possono interrompere ogni rapporto e non parlarsi più per anni. Ovviamente questi atteggiamenti causano mancanze e senso di perdita, perché “eliminare” un fratello significa negare anche una parte di se stessi, rifiutare quella componente di affetto, complicità, condivisione, che determina il legame fraterno. Ma spesso, come accadeva da piccoli quando si litigava per un giocattolo o un dolce, anche in questo caso occorre non fermarsi alla superficie. Gli scontri nascondono, quasi sempre, vecchie ferite non rimarginate, senso di inferiorità di un fratello nei confronti dell’altro, percezione di non essere stato “il preferito”, insomma, ancora una volta, l’oggetto reale del contendere è l’amore e l’attenzione dei genitori, anche se non ci sono più. Quindi impuntarsi per dividere i beni lasciati dai genitori non significa soltanto voler possedere di più, ma può nascondere la voglia di rimarcare, chiedendo un oggetto o un lascito maggiore, la propria importanza di fronte ai genitori, rivendicare un ruolo preferenziale, che gli altri fratelli possono mettere in discussione. Dietro a questi comportamenti risuona la voce del bambino che pretende maggiore attenzione ed amore da parte del genitore. E, se durante l’infanzia ci sono state mancanze in questo senso, la lotta si fa dura.

La questione del figlio “ preferito”, quello che ha ricevuto più premure dai genitori ( o almeno è stato percepito così) rimane sempre un tema presente nella relazione tra fratelli, argomento che spesso viene citato, anche scherzosamente, durante le riunioni familiari, in cui i fratelli, ormai adulti e magari loro stessi genitori, ritornano bambini e si trovano di nuovo di fronte alla sfida su chi è stato più amato.
Per scaricare questo fardello i fratelli, ormai adulti, dovrebbero provare a ripensare alla propria infanzia, ai sentimenti provati allora, alla gelosia, ma anche ai momenti positivi vissuti insieme ed al legame speciale che li ha uniti. Solo separando il vissuto infantile da quello adulto sarà possibile recuperare, almeno in parte, un buon rapporto tra fratelli. Rapporto che comprenderà un’analisi condivisa delle dinamiche familiari, una comunicazione chiara e sincera, una nuova consapevolezza che, nonostante tutto, vale la pena di difendere una relazione che è un punto di riferimento affettivo unico nel suo genere .
                                                 
Quindi i genitori dovrebbero adottare, già durante l’infanzia dei propri figli, dei comportamenti che possano essere rassicuranti nei loro confronti e saper gestire le dinamiche conflittuali dei propri figli.


                                                             


Il primo accorgimento, che ritengo basilare, è quello di muoversi sulla stessa lunghezza d’onda, ovvero agire un comportamento condiviso ed equo rispetto ai loro figli, anche se vi possono essere preferenze personali. Lo stesso vale per la creazione di alleanze unilaterali con i propri figli ( atteggiamento che puo' essere ancor più evidenziato in caso di separazione della coppia genitoriale) , che possono portare addirittura ad una vera e propria “spartizione” dei loro figli, come già rilevato.
Un altro accorgimento da utilizzare è quello di non schierarsi con un figlio contro l’altro, anche se stanno litigando e ,magari, uno dei due sta facendo il prepotente. Il genitore può, se per esempio la lite è per avere un giocattolo conteso , stabilire un tempo per ciascuno in cui poterlo utilizzare, oppure se il bambino rivendica il giocattolo perché è suo, il genitore può spiegare al fratello questo fatto ed orientarlo a giocare con i suoi giocattoli di appartenenza. Ovviamente tutto questo è relazionato all’età dei bambini ( e dalla differenza che intercorre tra di loro), comunque il principio resta quello di non prendere posizioni che possano essere percepite come alleanze ( “ è lui il preferito!”), ma spiegare con pazienza e, soprattutto, ricordarsi che spesso, dietro ad un litigio per un giocattolo, vi sono bisogni più complessi, come quello di rimarcare il ruolo di figlio più importante o addirittura una sfida per avere maggiore considerazione dal genitore ( " se “dà ragione a me sono il suo preferito).
Sempre seguendo questa linea, i genitori dovrebbero evitare drasticamente di fare confronti tra i figli, soprattutto in loro presenza. Le frasi, spesso ripetute, ( “guarda tuo fratello come si comporta meglio” “ perché non sei obbediente come lui?” ecc.) non fanno altro che rinforzare la convinzione del bambino, che riceve questi messaggi, di essere il figlio meno amato e pongono le basi per rivalità e conflitti futuri.
Infine, proprio per trasmettere a ciascun figlio, la percezione di avere un rapporto paritario con il genitore, a livello affettivo, sarebbe opportuno creare dei tempi e degli spazi in cui un genitore condivide esperienze con un solo figlio ( ovviamente in alternanza) , in modo da poter stabilire con lui un rapporto in cui interagiscono solo loro due.
Tutto questo per poter prevenire ed evitare futuri comportamenti eccessivamente conflittuali , in cui l’adulto rivive le ferite non sanate nella relazione genitori/fratelli durante l’infanzia, facendo sì che, nelle divergenze tra fratelli, sia il bambino frustrato a condurre la situazione e non l’adulto responsabile.



Bibliografia

Mariano N. Sartore , “ Il legame fraterno nei miti e nelle fiabe”, Centro Accoglienza Psicologica
S. Capodieci, “ Fratelli & Sorelle. Hans e Gretel o Caino e Abele, Milano, San Paolo, 2023
Vanessa Rojas, “ I mandati famigliari e le loro importanza in psicologia”, dal web


Dott.ssa Evita Raffaelli
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Commenti

  • Gianna (4 giorni fa) scrive:

    Ottimo articolo Dott.ssa.
    Purtroppo sto attraversando una crisi con mio fratello proprio per questioni ereditarie

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